Gli antichi Romani si vantavano, e a ragione, di aver costruito opere utili per la collettività e durevoli nel tempo. Ciò vale anche per l’Acquedotto di Traiano, che per 57 km costeggia il Lago di Bracciano e attraversa i quartieri occidentali di Roma fino a raggiungere Trastevere e, da qui, l’intera città.
Inaugurato nel 109 d.C., il decimo acquedotto dell’Urbe è ancora visibile in numerosi tratti. Lo stato di conservazione non sempre è all’altezza della sua importanza, poiché le istituzioni gli hanno riservato attenzioni piuttosto alterne.
Oggi, a quasi due millenni dalla costruzione, la grotta artificiale posta all’origine della prima sorgente dell’acquedotto viene messa a rischio dalle radici di alcuni alberi. La scoperta del ninfeo risale a due anni fa, quando sotto la chiesa paleocristiana di Santa Fiora, nel Comune di Manziana, vicino al lago di Bracciano, due documentaristi britannici, Mike e Ted O’Neill, individuarono i resti di una volta, con tracce di affrescature di color blu egizio.
L’esplorazione ha portato poi alla scoperta di una cappella dedicata al dio delle acque o alle ninfe, con annessi due laghetti che captavano l’acqua della sorgente e la convogliavano verso i cunicoli i quali, a loro volta, andavano a sfociare nel canale principale.
Ora il ninfeo e l’acquedotto, di cui esso costituisce il “Caput Aquae”, si sono guadagnati la copertina di “Archaeology”, la più prestigiosa e diffusa rivista di archeologia pubblicata negli Stati Uniti. E a breve, il lavoro televisivo degli O’Neill sarà trasmesso dalla tv americana.
Sotto il titolo “L’acquedotto perduto dei Romani”, l’articolo del giornale ripercorre la storia del monumento e sottolinea l’importanza del ritrovamento. Il ninfeo che sorge sotto Santa Fiora è il meglio conservato tra tutti i “Caput Aquae” degli acquedotti romani, e l’unico potenzialmente visitabile.
Esso offre un mirabile esempio dell’architettura e dell’ingegneria degli antichi Romani, con volte a crociera, opere in laterizi e in reticolato. Unica difficoltà: esso sorge su un terreno privato e non è sottoposto a vincoli monumentali, archeologici o ambientali.
Ted O’Neill è uno dei documentaristi inglesi protagonisti della scoperta. In questi giorni sta ultimando una serie di film sugli acquedotti romani, che dovrebbero essere trasmessi anche in Italia. La zona di Santa Fiora potrebbe diventare uno dei siti archeologici più interessanti da esplorare nei prossimi 20-25 anni.