Al Trionfale per la Festa di San Giuseppe ci si preparava da una settimana ed il 19 marzo non si andava a scuola, perché era una festività nazionale, fino al 1976.
La ricorrenza che ha avuto da sempre radici popolari a Roma, aveva una notevole importanza, essendo San Giuseppe assai venerato dal popolo romano, sia per la fama di “uomo giusto”, e per l’umiltà del mestiere di falegname, che lo avvicinava alla povera gente.
Al trionfale dalla mattina presto, si allestivano le bancarelle di dolci, giocattoli e souvenir, arrivavano i tanti frittellari e tutto il quartiere era rallegrato da suono della banda musicale.
Famiglie intere si incontravano e si salutavano la gente che veniva anche da altri parti della città, perché la festa era sentita, conosciuta ed apprezzata.
Odore dell’olio fritto e un profumo di frittelle e zucchero filato, che si sentiva anche da lontano.
Nel pomeriggio, usciva dalla chiesa a via Telesio la Processione, aperta dai Carabinieri a cavallo.
Durante il percorso suonavano diverse bande, ogni finestra era addobbata da lumini e drappi colorati (si faceva a gara per esporre i più belli e ricamati) e al passare della statua del santo venivano lanciati i fiori.
Via della Giuliana era illuminata con centinaia di lampadine colorate, fino a piazzale Clodio, dove la sera si sparavano i fuochi di artificio.
Sul sagrato della chiesa, aveva luogo il tradizionale concerto dei Carabinieri.
Ma quale è il collegamento tra il santo e il bignè?
Sono due le spiegazioni che vengono tradizionalmente citate.
La prima si ricollega direttamente alla storia della Sacra Famiglia: la leggenda vuole che per mantenere Maria e Gesù dopo la fuga in Egitto San Giuseppe abbia iniziato a cimentarsi anche come friggitore ambulante.
Una seconda ipotesi fa risalire la ricorrenza cristiana alle tradizioni pagane della Roma antica, nello specifico alle celebrazioni propiziatorie in onore di Liber Pater e della consorte Libera.
La festa dei Liberalia si teneva in occasione del sedicesimo anno di età di un ragazzo che diventava uomo indossando la “toga virilis”: naturalmente, scorrevano fiumi di vino, accompagnati da frittelle di frumento cotte nello strutto bollente.