I romani si “rifiutano” di vivere così

Dimenticate la bronzea lupa issata sulla colonna antistante l’ingresso del Palazzo Senatorio in Campidoglio. La celebre Lupa Capitolina copia dell’originale conservato nei Musei, da tempo immemore emblema di Roma, è destinata, ahinoi, all’oblio. Alla Capitale viene infatti associata l’immagine di un altro animale ormai così familiare agli abitanti tutti: il cinghiale. La lupa rappresenta la leggenda della vestale Rea Silvia, fecondata dal dio Marte, costretta ad affidare alle acque del Tevere il destino dei suoi due pargoli, Romolo e Remo. Ma l’immagine più veritiera e rappresentativa di una città in ginocchio, che allo stato attuale non ha grandi aspettative di ripresa, è senza meno quella del suide onnivoro e ingordo, il cinghiale, appunto. Il mammifero la cui costante diminuzione a partire dal 1500 , causa l’accanimento dell’attività venatoria, a partire dagli anni ’60 ha avuto un’inversione di tendenza grazie allo spopolamento delle campagne, abbandonate dai contadini per i centri urbani (e la minore pressione venatoria), è presente oggi su due terzi del territorio nazionale (in 95 delle 107 province italiane). L’aumento esponenziale di questi ungulati si deve anche ad una esagerata immissione, oltre mezzo secolo fa, di esemplari di provenienza estera. Cosa c’entra l’associazione con la città di Roma, quando abbiamo detto che a disposizione i cinghiali hanno boschi e interi territori rurali? Anche il Sus scrofa, come un tempo tanti nostri agricoltori, sente il richiamo della città. Ma non una qualsiasi, una grande che contenga tonnellate di rifiuti sparsi ormai in ogni angolo di strada. Che sia principale, secondaria o senza uscita. Insomma, a Roma se magna! Tralasciando doppi sensi, per animali che si nutrono di tutto un po’, non solo cinghiali quindi ma anche gabbiani e ratti, c’è da banchettare a quattro palmenti. Mi sembra che il problema rifiuti sia al momento vissuto da ogni abitante come tale, tanto da ipotizzare di fare un’azione congiunta, come associazione di cittadini, per richiedere indietro la rata della Ta.Ri, tra l’altro appena arrivata nelle nostre case e in scadenza a fine mese, non tanto e non solo per questioni meramente economiche, ma per lanciare una denuncia nei confronti di una società partecipata del Comune, AMA, che offre un servizio inefficiente (per eleganza preferisco usare un eufemismo). Ma perché Roma è così sporca? Diciamo che quanto a decoro e pulizia non ha mai brillato: se l’estensione (1285 kmq) è oltre dieci volte superiore a Parigi, il numero dei suoi abitanti in 150 anni, da quando fu eletta capitale del Regno d’Italia è passato da 200 mila unità a 3 milioni cui se ne aggiunge un altro nei comuni della prima cintura. Roma è una metropoli che contiene 7 città, con un aumento della popolazione di quasi 15 volte, come abbiamo visto. Ben diverso dalle altre capitali europee come Londra, Parigi o Madrid. Non solo, Roma registra anche un’espansione spontanea e disordinata che ricorda bene alcune città africane o sudamericane. Da parecchi anni l’amministrazione comunale non riesce ad essere all’altezza degli impegni necessari per questa che è la Capitale d’Italia e Caput Mundi, Capitale del Mondo, oserei ricordare. In particolare, la giunta pentastellata che senza l’emergenza Covid sarebbe scaduta già un mese fa, in cinque anni non ha fatto che moltiplicare problemi in questo settore, pur essendosi presentata nel 2016, all’inizio del suo mandato, con un “Piano per la riduzione e la gestione dei materiali post-consumo” che intendeva “sviluppare un’economia fondata sul riciclo eco-efficiente ed il recupero di materia”. “Prevenire, riutilizzare, differenziare e valorizzare”, le “parole chiave” del programma che prevedeva “12 azioni e 5 progetti…l’obiettivo di aumentare la differenziata entro il 2021 (l’anno in corso, ndr) dal 44% al 70%, realizzare nuovi impianti di riciclo e compostaggio e una nuova organizzazione di Ama basata su unità di Municipio…Il tutto per avviare Roma verso un’economia circolare e a rifiuti zero”.
Differenziata ai minimi storici. In compenso ecco i nuovi cassonetti
A questo punto qualsiasi commento viene sopraffatto dallo stupore, perché ben sappiamo che niente di tutto quello che è stato annunciato ha avuto seguito. Che in questi anni sono state chiuse diverse discariche all’interno della Regione, pur nella totale assenza di impianti alternativi dove inviare a trattamento le 365 mila tonnellate giornaliere di rifiuti indifferenziati; che la raccolta differenziata in alcuni municipi (il V, ad esempio) è scesa fino al 35,7%; che il servizio ‘porta a porta’ (PAP), presente con successo solo in pochi quartieri, avrebbe potuto contribuire espandendosi a migliorare l’attuale situazione se però la scelta di AMA non fosse ricaduta sui ben più familiari cassonetti. A proposito, tra gli ultimi ‘regali’ di fine mandato della Giunta attuale c’è una ‘operazione cassonetti’: 41mila nuovi contenitori che sostituiranno i vecchi secchioni. “Si tratta di un progetto fortemente voluto dall’Amministrazione e portato avanti da AMA SpA – spiega una nota del Campidoglio – in applicazione della normativa europea che impone una diversa colorazione ai contenitori della Raccolta Differenziata”. Ma non avevamo già la distinzione: bianco quello della carta, blu quello della plastica, marrone quello dell’umido e grigio quello per l’indifferenziato? Mmm… forse ricordo male. Ma no, come dicono dal Campidoglio “si è resa univoca l’identificazione dei contenitori dedicati alla raccolta attraverso la standardizzazione di forme, colori, scritte ed icone”. I nuovi colori saranno quindi: giallo per plastica e metalli (ancora insieme, li separano poi?), blu per la carta. Invariata (marrone) la colorazione per gli scarti alimentari e organici), per il vetro (la campana verde) e per l’indifferenziato (grigio).
Molto rumore per poco: un’operazione di marchetta, pardon, di marketing, che – assicura la Prima Cittadina – segue a quel risanamento di AMA che “consente di procedere con nuovi investimenti”. E il cambio dei secchioni stradali è uno dei primi. Tra l’altro, sempre secondo la Sindaca “rappresenta un grande vantaggio per una città che ogni anno accogliere un grandissimo numero di turisti”. Volesse il Cielo! Mi sembra che per la precedente operazione cassonetti si debba risalire al 2007 quando l’allora sindaco Veltroni stornò dalle casse comunali 25 milioni di euro per l’acquisto di nuovi contenitori stradati per i rifiuti. Evidentemente, sono operazioni che devono essere effettuate solo a fine mandato. Come la potatura (indecente, almeno in alcuni quartieri, es. il Trieste Salario) degli alberi o il rifacimento del manto stradale (parziale in alcune strade, causa budget insufficiente per completare il lavoro, come hanno spiegato gli stessi operai interpellati dai cittadini).
…e l’emergenza continua
Siamo in piena emergenza rifiuti. Qquest’ultima iniziata ad aprile, in occasione delle festività pasquali, ma non mancante nemmeno negli anni trascorsi sotto l’egida Cinque Stelle. Tanto da far cadere il teorema ipotizzato dai sostenitori della Sindaca di un complotto ordito contro la stessa. E’ un’emergenza che vede noi cittadini soccombere per gli olezzi si sollevano soprattutto dai contenitori marroni degli organici e che con il caldo sono divenuti insopportabili, oltre che pericolosi per la salute. Mentre Regione Lazio e Campidoglio sull’individuazione degli impianti mancanti si rimpallano da mesi le responsabilità a suon di ricorsi al Tribunale amministrativo regionale, che in ultimo a maggio ha annullato l’ordinanza di Zingaretti e accolto il ricorso di Roma Capitale, la nostra Sindaca assicura che “le soluzioni esistono” e si trovano “alcune”, “nel nuovo piano industriale AMA”, quello, per intenderci, che fa le previsioni, su carta, fino al 2024. Come si dice a Roma “beato chi c’ha un occhio”. Intanto da giovedì 15 luglio scade l’ordinanza regionale che ha prorogato il conferimento di una parte dell’indifferenziata della Capitale a Viterbo e Civitavecchia e le stime per portare i rifiuti di Malagrotta fuori Roma parlano di cifre proibitive: 666 mila euro di extra costi per 6 mila tonnellate da metà luglio. Mentre al Ministero della Transizione ecologica proseguono i tavoli per l’individuazione di aree bianche, ovvero libere da qualsiasi vincolo, idonee allo smaltimento e trattamento dei rifiuti, voglio ricordare infine che a noi romani tocca, tra le grandi città, la spesa più elevata per il servizio di igiene urbana. Ogni abitante spende 255 euro l’anno. Per cosa, dunque? Per avere i cassonetti stracolmi e maleodoranti e rischiare la propria salute? Per avere i marciapiedi invasi da rifiuti di ogni genere che nei secchioni non trovano posto? Per avere ratti che scorrazzano indisturbati anche tra le gambe dei poveri ignari che si avvicinano per depositare ove possibile il proprio sacchetto? Oppure per imbattersi in famigliole di cinghiali che si sono autoassegnati ciascuno la propria zona in cui rovistare? Non dimentichiamo invece, per favore, che siamo stati tacciati di ‘zozzoni’ dalla stessa persona che avrebbe dovuto rappresentarci tutti e provvedere alle esigenze dei suoi cittadini!

Di Alessandra Binazzi