I suoi 2.279 sonetti in romanesco sono tra le più importanti testimonianze letterarie, linguistiche, storiche e antropologiche di Roma, un “monumento” alla plebe della città di cui Giuseppe Gioacchino Belli fu il massimo interprete. In questa sterminata produzione, rimasta pressoché inedita fino alla morte del poeta nel 1863, il dialetto diviene lo strumento più efficace per svelare le incongruenze e le contraddizioni della società romana, tra malgoverno, ignavia e insipienza. La Roma dei Papi viene così raccontata con una straordinaria ricchezza di soluzioni stilistiche e formali, comiche e tragiche, ironiche e drammatiche, in una poesia vibrante di colori e accenti che mantiene ancora oggi tutta la sua suggestione. Il “poeta de Roma” era nato il 7 settembre 1791 in via dei Redentoristi, nel Rione Sant’Eustachio. Ogni anno, nel giorno del suo compleanno, il Centro Studi Giuseppe Gioachino Belli organizza un incontro-spettacolo nei luoghi legati alla sua vita o alla sua opera, per esempio Palazzo Poli, dove Belli visse i suoi anni più felici e dove recitò i suoi sonetti “clandestini” nel salotto della principessa Zenaide Wolkonski suscitando l’ammirazione di Gogol. Un omaggio floreale è tradizionalmente deposto ai piedi della fontana-monumento nel cuore di Trastevere, realizzata nel 1913 per rendere onore al più grande poeta romano nel cinquantenario della sua morte.
fonte: comune.roma.it