La storia dei nostri giocattoli

In ogni società complessa il giocattolo, pur conservando la preminente finalità ludica, non è immune da divenire uno strumento di propaganda di quei valori propugnati dalla classe dominante. Questo è ancora più evidente nelle società a guida autoritaria. Premesso questo, la dittatura del ventennio espresse forti apprezzamenti per la produzione nazionale del giocattolo. Da una parte con il venir meno di materie prime pregiate, si diede consistenza al principio dell’autarchia con la produzione di bambole e pupazzi in materiali di recupero (come nel caso delle bambole di pezza e pannolenci), dall’altra giochi che richiamassero ai valori guerrieri (come soldatini in pasta e armi in legno). Le imprese coloniali investivano diffusamente il mondo dei bambini, con pupazzi, figurini e anche giochi da tavolo. La celluloide apparve in Francia e Germania intorno al 1870. L’Italia la prima bambola in celluloide iniziò ad essere prodotta solo alla fine degli anni venti, a Gazzada in provincia di Varese. I fondatori avevano già aperto a Milano una piccola azienda, l’INCA (industria nazionale celluloide e affini). Inizialmente le teste venivano prodotte in Germania da imprese specializzate nella modellatura (con il marchio rappresentato da una tartaruga) e poi montate su corpi di altre produzioni.