“NUOCE ALLA SALUTE”: il vino come le sigarette?

di Alessandra Binazzi

Il troppo stroppia. E su questo siamo d’accordo: l’esagerazione in tutte le sue forme non va mai bene. E’ il caso del vino, uno dei pezzi migliori delle nostre produzioni, che raccoglie una moltitudine di studi scientifici a suo beneficio e altrettanti sugli effetti negativi per cuore, circolazione sanguigna fino all’associazione a qualche malattia cancerosa.

In Irlanda il forte consumo di alcolici è una vera emergenza sanitaria nazionale a motivo della quale si dovrebbero giustificare le etichette ‘forti’ con avvertenze del tipo “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”,  con cui il governo irlandese ha deciso di bollare ogni singolo prodotto alcolico. Tali etichette, insieme all’avvertimento che riguarda la salute, devono dichiarare la quantità di alcol in grammi (invece che in percentuale), le calorie, un pittogramma (uguale a quello già in uso) sui rischi per la gravidanza, e un link a un sito web su alcol e salute.

Scaduto da pochi giorni il periodo di moratoria per la norma notificata nel giugno scorso da Dublino a Bruxelles, in assenza di opposizioni al progetto ora le autorità nazionali sono autorizzate e pronte ad adottare, prime tra i Paesi europei, la legge che autorizza una simile campagna contro il consumo della bevanda alcolica più antica al mondo.

E tra i Paesi europei produttori di vino, in testa l’Italia seguita da Spagna e Francia, si è creata una certa preoccupazione. “L’Europa vuole equiparare il vino alle sigarette, e compromettere così il mercato di uno dei pezzi forti del nostro made in Italy”, si legge su media e social italiani.  Secondo Coldiretti, la misura irlandese è proprio “un attacco diretto all’Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale (di vino, ndr) con oltre 14 miliardi di fatturato”, e le informazioni sui rischi per la salute sono “avvertenze terroristiche”. Non poteva mancare la voce con toni di disappunto, del ministro degli Esteri Tajani- “una scelta che ignora la differenza tra consumo moderato e abuso di alcol”- che ha annunciato di voler richiedere “l’intervento della Commissione Ue sul Wto”, l’Organizzazione mondiale del commercio. Più duro ancora il ministro dell’agricoltura Lollobrigida convinto che dietro la scelta di Dublino  “miri, ancora una volta, a condizionare i mercati e che la spinta in questo senso venga da nazioni che non producono vino e dove si abusa di superalcolici: si vuole equiparare il vino ai superalcolici, ma il vino utilizzato in modo moderato è alimento sano”.  E’ un “pericolosissimo precedente” quello irlandese, per Luca Zaia, governatore del Veneto, capofila con quasi 11 milioni di ettolitri di prodotto delle regioni produttrici di vino. “Ogni alimento consumato in eccesso può diventare nocivo e, in pura teoria portare alla morte”, ha sottolineato  Zaia.

Per il momento l’Europa non ha imposto nessuna stretta sul consumo di vino, né ha escluso i suoi produttori dall’accesso ai fondi per la promozione all’estero, molto cari ai nostri esportatori. Ad oggi, è solo l’Irlanda a muoversi in direzione ‘salutista’ se adotterà il metodo delle etichette ‘terroristiche’. Ovviamente se questo provvedimento avrà impatto sui consumi nell’Isola, altrettanti saranno i contraccolpi commerciali: l’ Isola di smeraldo ha una ristrettissima produzione, insufficiente per il consumo interno – pochissimi vigneti e meno di 10 milioni di bottiglie l’anno – di conseguenza importa da Cile, Spagna, Australia, Francia, dall’Italia appena il 10% per cui ne risentirà assai meno. Rimane però tutta la paura che l’esempio irlandese possa allargarsi a Paesi della Ue. Un timore che non è infondato, visto che già nel 2021, la Commissione europea ha presentato un Piano per combattere il cancro in cui era inserito il consumo di alcolici tra i rischi da affrontare e delineate alcune proposte per ridurre del 10% tale consumo (non solo del vino, chiaramente) entro il 2025. Tra le misure delineate ci sono più tasse sugli alcolici, stretta sulla pubblicità (in particolare quelle rivolta al target giovanile), riduzione dei fondi Ue per la promozione all’estero, e l’introduzione di avvertenze sulla salute in etichetta. Solo proposte, alcune delle quali  bloccate al Parlamento e in Commissione, che ci auguriamo rimangano chiuse in qualche cassetto.

© Alessandra Binazzi per ZonaRomaNord