di Laura Tegliai
La scusa è sempre quella, per agganciare telefonicamente un anziano: qualcuno chiama in casa a nome di un nipote in difficoltà. Ma la novità del momento, a detta delle forze dell’ordine, è un pianto disperato, che fanno sentire alla vittima dall’altra parte dell’apparecchio. Una richiesta di aiuto da parte di un nipotino che per l’anziano è impossibile ignorare. Una sorta di ipnosi telefonica, quella di cui è stata vittima l’anziana signora di 90 anni sabato 18 febbraio a Roma Nord. La dinamica è inquietante. I malfattori chiedono di non attaccare il telefono, tenendo di fatto in ostaggio la preda, di un pianto registrato “che non ti fa capire più niente, si è fatto buio” dichiarerà la signora agli agenti. La vittima come un automa fornisce l’indirizzo di casa e nel frattempo raccoglie tutto ciò che di prezioso possiede per garantire quel debito del parente disperato, la richiesta è sempre prioritariamente oro, pronto per essere consegnato al funzionario delle poste che arriva a breve. L’incantesimo si spezza solo quando si riaggancia il telefono, ma ormai è tardi. Anche se per fortuna non ci fosse aggressione fisica, il danno inferto è comunque serio, tocca la psiche, l’autostima, la stabilità emotiva e versa l’anziano in uno stato di frustrazione.
Il fenomeno della predazione agli anziani è dilagante nella Capitale, si tratta di bande organizzate che operano spesso in trasferta, con ganci e basisti.
Laura Tegliai